Nei boschi del Pratomagno vive solitario un ricordo, sempre più annebbiato dal tempo e dallo scorrere incessante delle stagioni.
Il Pratomagno ne ha vista di gente, sempre a piedi tra i sentieri e l’assolato ma pure innevato prato di crinale, transumanze, pellegrinaggi, transiti di crinale e attraversamenti tra vallate, carbonai… sole o neve, ghiaccio o vento con una Croce splendente come meta finale, culmine di indimenticabili passeggiate.
Il Pratomagno non ha visto solo persone a piedi, escursionisti o lavoratori della montagna, o su mezzi terrestri, rombanti o someggiati, ha anche visto solcare il suo cielo da innumerevoli velivoli, oggi da altissime scie di moderni airliner o da radenti passaggi di superleggeri.
Però all’inizio del novecento erano pochi i coraggiosi che pilotavano traballanti e artigianali macchine volanti e volavano così basso da poter sfiorare il crinale, accarezzandolo più che sorvolandolo..
Questi pionieri del volo tentavano pure trasvolate intercontinentali in periodi in cui la tecnologia lo permetteva solo ad altissimo rischio. Lo spirito di avventura era di fatto più comune tra i colonizzatori dei nuovi continenti, e diversi nel contesto, furono gli australiani.
Uno di loro in particolare, nato col volo nel sangue e formatosi alla fresca scuola aerea britannica durante il primo conflitto mondiale, ha scolpito pagine indimenticabili nella storia delle trasvolate intercontinentali con piccoli e fragili velivoli.
Nel 1933, sulla scia di una continua battaglia di primati realizzati e infranti, volle tentare il nuovo record di trasvolata dall’Inghilterra all’Australia.
Ma stavolta il Pratomagno da prato da accarezzare si trasformò in fatale barriera e in una gelida giornata d’inverno reclamò il tragico prezzo.
Il freddo 7 Gennaio 1933 John Louis Herbert Hinkler vedeva la fine della sua intraprendente vita, ma non della sua gloria che diventerà leggenda.
Il suo spirito sembra continui ancora ad abitare quei luoghi che lo hanno reclamato, impalpabile sentinella a perenne ricordo del connubio indissolubile tra l’eroismo dell’uomo e la impassibile durezza della natura.
Ma ottant’anni si portano via intere discendenze di memorie e di vita vissuta, il ricordo si è anche inesorabilmente sbiadito, la generazione diretta testimone, del secondo conflitto mondiale, ha ceduto all’implacabile corso terreno fino al 2013, anno di rinascita del Pratomagno, con il restauro della sua Croce e del vicino cippo posto nella sommità del Monte Pianellaccio, dedicato il 27 Luglio con una solenne e partecipata cerimonia al nostro Bert.
Proprio quel giorno, lì appresso, una farfalla su un cardo, con l’ala sinistra visibilmente spezzata, è stata fotografata e poi l’immagine è stata dimenticata fino a quando, quasi per caso, si scopre che l’aereo di Bert è un modello della serie Moth, falena, e che aveva tragicamente perso l’ala sinistra prima dell’impatto.
Un caso, ma sufficiente a far scattare delle molle di curioso approfondimento.
L’indagine non è facile, dato che le risorse locali agevolmente accessibili sui fatti del tempo sono assai vaghe e spesso controverse.
L’area è individuata come Prato alle Vacche e sulle carte topografiche del tempo è riportata una anonima crocina a quota 1338, in un punto che, visto dal dirimpettaio monte Dadi-Cocollo (o da note aerofotogrammetrie oggi disponibili on line) spicca una macchia di abeti la cui forma sembra assumere il profilo della Gran Bretagna, nazione non solo leader di quel Commonwealth che abbracciava anche il nuovissimo continente ma che rappresentava una seconda casa per Bert:
un altro caso, ma stavolta ci sentiamo ancor più coinvolti.
Da allora, un manipolo di appassionati, facenti parte della sezione CAI di Arezzo e dell’associazione la Brigata di Raggiolo, ha dedicato molto del proprio risicato tempo libero per approfondire l’evento d’epoca, tentando di recuperare almeno parte delle memorie perdute e impegnandosi nella ricerca del luogo più intimo e dimenticato, il sito stesso della caduta e della morte di John Louis Herbert Hinkler.
A frequenti esplorazioni dell’area, tutte invernali per approfittare della visibilità della fitta e spoglia faggeta, si sono affiancate lunghe ricerche documentali su varie forme nonché contatti diretti con eminenti australiani a vario titolo competenti sull’argomento.
Oltre all’episodio della farfalla e della strana abetina il cui profilo ricorda la Gran Bretagna, diverse sono state, in quel periodo, le “combinazioni” sul corso dei fatti che ci hanno meravigliato.
Per esempio l’improvviso alzarsi in volo, di fronte a noi, di una poiana da un manufatto, concresciuto in un faggio e quindi ormai mimetizzato sul fusto della pianta.
Questo, da una indagine rigorosa è risultato un marker posto lì 40 anni fa, per segnare il sito d’impatto al suolo del Puss Moth, da parte di testimoni dell’epoca: il più eminente dei nostri contatti in Australia, Kevin Lindeberg, assieme al Duca Amedeo d’Aosta.
Le ricerche di siti e le valutazioni dei percorsi sono proseguite sino alla primavera 2014, nel cui corso si è arrivati alla creazione di un cospicuo database foto-video completamente georeferenziato.
Questo tesoro informativo è stato determinante per le nostre
elucubrazioni a tavolino, per gli studi congiunti – via Internet – con i partner australiani oltre ad aver costituito materia prima per la realizzazione casalinga di un filmato che diventava immediatamente il “biglietto da visita” della nostra idea: la convinzione che la valorizzazione di quei siti poteva trovare migliori opportunità creando un percorso escursionistico specifico, dedicato e intitolato al trasvolatore e che toccasse i punti più significativi delle sommità del massiccio.
Prendeva così forma il progetto H-Ring: un itinerario dedicato al trasvolatore australiano, che non solo percorra ad anello i luoghi legati alla vicenda ma che anche unisca tutti i sentieri e i punti sommitali del massiccio, garantendo percorribilità per tutti (o quasi), aree di respiro, ristoro e supporto informativo-logistico via web.
E’ anche possibile che le autorità australiane, in accordo con i nostrani enti competenti, contribuiscano a posare un memoriale laggiù, dove un destino si è compiuto.
Vedremo.
Se così fosse, un altro piccolo passo per recuperare quella memoria sarebbe compiuto.
A conclusione possiamo evidenziare che molti, in questa vicenda, sono stati i momenti vissuti da noi come indizi che il nostro eroico trasvolatore sembra ci abbia voluto in qualche modo comunicare, unico mezzo affinchè attraverso la memoria si possa ancora oggi rendere onore alla sua pionieristica impresa e alla sua eterna indissolubile presenza in Pratomagno.
…again, my Nation and I congratulate you… (the awesome foursome)
…di nuovo, la mia Nazione ed Io ci congratuliamo con voi… (i fantastici quattro)