Da San Benedetto in Alpe per la celebre cascata dantesca Dante, nella sua discesa nell’Inferno, arriva sull’orlo del settimo cerchio, separato dall’ottavo da un grande salto roccioso da cui scende, formando una rumorosa cascata, il Flegetonte, uno dei fiumi infernali. Per rendere più chiara l’immagine che a lui si presenta il poeta ricorre ad una similitudine, paragonando il salto e il rumore delle cascate del Flegetonte a quelle dell’Acquacheta, importante corso d’acqua romagnolo affluente del Fiume Montone. Infatti il torrente, che nasce sull’Appennino nei pressi del monte Levane, poco prima di passare per San Benedetto in Alpe precipita in modo spettacolare da un alto salto di arenaria, dividendosi in mille, rumorosi rivoli. Oggi la cascata, è inserita nel parco nazionale di cui rappresenta uno degli elementi naturali più celebri e grandiosi. Qui l’erosione idrica spesso mette in luce i potenti strati di arenaria che costituiscono l’ossatura dell’Appennino Romagnolo, creando scalinate naturali o spettacolari salti di roccia su cui saltellano o precipitano i torrenti. Il percorso proposto è sicuramente uno dei meno noti della zona, e consente di accedere alle cascate dell’Acquacheta dall’alto (il sentiero più frequentato, invece, porta a vedere il salto dal basso), per portarsi subito, quindi, sull’orlo del “settimo cerchio”.
Dal piazzale/parcheggio di S. Benedetto in Alpe si ritorna sulla Statale prendendola a destra e superando il ponte sul Fosso Acqua Cheta. Subito dopo, a destra, alcune scalette portano ad un piccola cappella e ad un evidente sentiero che corre lungo il torrente, sulla sua destra orografica. Percorse alcune centinaia di metri lungo la sponda del corso d’acqua si giunge ad un bivio. Qui si va a sinistra, in salita, lasciando il torrente e affrontando un primo tratto in forte ascesa. Il sentiero si porta quindi nei pressi di una piccola frana che, però, non attraversa, ma aggira dall’alto. Sempre all’interno del bosco di castagni ci si mantiene in costa continuando comunque a guadagnare quota e giungendo ad un piccolo pianoro caratterizzato da alcune secolari piante di castagno. Da qui il sentiero taglia ancora per un breve tratto il versante per poi iniziare a inerpicarsi su uno dei crinali che scende dal Monte del Prato Andreaccio. Il castagno, a poco a poco, sta lasciando il posto al faggio di cui sono visibili alcuni esemplari colonnari. Raggiunto un evidente punto di valico si pongono due alternative per raggiungere le Case Monte di Londa. La prima, non segnalata, prevede di seguire il filo di cresta superando la cima del Prato Andreaccio e scendendo poi alle succitate case. La seconda, malamente segnalata, prevede invece di tagliare i fianchi settentrionali del monte lungo la via più battuta che conduce alle Case Pian della Posta, in stato di abbandono. Da qui ci si immette su una mulattiera che senza grandi strappi porta al grande anfiteatro erboso su cui sorgono le Case Monte di Londa, anch’esse abbandonate. Raggiunte quest’ultime la mulattiera piega a sinistra, andando a tagliare il fianco occidentale del Monte di Londa. Dopo poco va lasciata la mulattiera principale per prendere, a destra, il sentiero che si porta sul lato orientale delle Balze Trafossi. Da qui in poi il sentiero inizia a scendere decisamente toccando la casa diroccata del Sodaccio e raggiungendo poi il Fosso Acqua Cheta. Senza superarlo si continua a destra fino ad arrivare ad un guado dove si supera il corso d’acqua portandosi poi sui lisci strati di arenaria che precedono l’arrivo al salto principale della cascata.
Si torna indietro, tenendosi sempre sulla sinistra orografica del torrente e arrivando al pianoro erboso dei Romiti, dove sorgono, su una piccola altura, i ruderi di un convento. Il pianoro non va attraversato ma bisogna mantenersi sul suo lato destro, inserendosi sull’antica mulattiera che scende andando a superare il Fosso Cà del Vento proprio sotto ad una fragorosa cascata. Dal fosso si continua sulla mulattiera principale ed in breve si giunge ad un balcone naturale da cui appare, in tutto il suo sviluppo, la Cascata dell’Acqua Cheta.
Si continua sulla mulattiera che corre sulla sinistra orografica della valle, lungo la quale si ha modo, più volte, di portarsi sulle sponde del torrente caratterizzato da brevi salti rocciosi e da piccole, fresche piscine naturali. La mulattiera confluisce, infine, sulla strada asfaltata S.Benedetto-Marradi che, presa a destra, scende alla località di partenza
Partenza da Arezzo, in autobus ore 6,45 Piazza Giotto – ore 6,50 Piazza Guido Monaco – ore 7,00 piazzale antistante il Palazzetto dello Sport delle Caselle.
Arrivo a San Benedetto in Alpe e inizio escursione previsto per le ore 9,30 circa.
Rientro ad Arezzo ore 18,30 circa.
Dislivello: circa 700 m. in salita e in discesa – Km. 16 circa
Tempo di percorrenza previsto: 5 ore escluse le soste.
Difficoltà: E escursionisti
Attrezzatura necessaria: normale abbigliamento da trekking, calzature adeguate al percorso, bastoncini da trekking.
AL MOMENTO DELL’ISCRIZIONE SI PREGA COMUNICARE IL LUOGO DI PARTENZA SCELTO: G=piazza Giotto, M=Piazza G. Monaco, P= Palasport Le Caselle.
Quota di partecipazione: Euro 19,00
Le iscrizioni si chiudono il 20/06/2013 e si ricevono presso la sede del C.A.I. (via Fabio Filzi n. 28/2; tel 0575/360326; giorni di apertura: mart.-gio.-ven. 18.00-19.30). La gita si effettuerà da un minimo di 28 a un massimo di 35 partecipanti.
I partecipanti esonerano gli accompagnatori e la sezione da qualsiasi responsabilità per quanto possa accadere durante lo svolgimento dell’escursione.
DIRETTORI DI GITA
Silvano Morelli tel 347 1874134
Giuseppe Petrucci tel. 328 1647773