Tutto inizia dalle 6.15 del mattino, non è ancora alto il sole che noi temerari caini ci avventuriamo verso luoghi remoti al di fuori delle terre toscane. Luoghi sinistri che 200 mila anni fa hanno visto tra le più violente esplosioni di fuoco, fumi e gas incandescenti di cui l’essere umano abbia trovato traccia; esplosioni che hanno distrutto il suolo, i campi, i prati e non solo: hanno distrutto l’intero edificio vulcanico, che dopo essersi svuotato collassa su se stesso … ma a tutto questo per ora non pensiamo, cappuccino e paste son bisogni primari così scendiamo dal pullman per fare una ricca colazione.
Dopo il caffè non dimentichiamoci che è con noi un ricercatore universitario nonché vulcanologo: dott. Bruno Capaccioni, esperto studioso proprio del “Distretto Vulsino”. Con voce altisonante, nonostante il microfono guasto, attira l’attenzione e ci fa osservare un paesaggio fiabesco e peculiare: il pianoro di Orvieto si erge più in alto che tutto intorno, le case da lontano si estendono articolandosi come i merli di un castello fatto da una roccia gialla, compatta, che sembra essersi formata in poco più che un istante.. la chiamano Tufo.
Eppur tanta bellezza conserva in sé qualcosa di sinistro..sarà la foschia o il sonno, che non è stato sconfitto dal caffè, o il pensiero che a poco più di 1 km di profondità dal suolo viene sprigionata una temperatura che supera i 200 °C.
Ci siamo, siamo arrivati al paese di Valentano, da qui inizia la nostra escursione.
Appena scesi dal pullman ci disperdiamo per sciogliere i muscoli intorpiditi e prepararli alla scarpinata, ma Il nostro esperto ci invita a guardare una ripida scarpata di terra, rosso fuoco, che si erge davanti a noi, fatta da tanti strati inclinati, dice che usino questa terra per fare campi da tennis o i solai delle case per la sua porosità e resistenza. Ma è solo terra? Chiediamo ingenui. Eh no!.. scopriamo così che siamo di fronte niente di meno che ad un antico cono vulcanico; noi ne vediamo la metà, come se ci stessimo all’interno! Tutti quegli strati inclinati e rossi sono scorie e rappresentano il materiale eruttato dal vulcano in una attività simile a quella che oggi ha Stromboli. Veniamo così a sapere che il materiale eruttato viene addirittura da una profondità intorno ai 60-70 km sotto ai nostri piedi!! Si tratta infatti di magmi basaltici.
Attraversando il paese di Valentano ci fermiamo ad una bellissima terrazza per guardare il panorama: ancora il cielo è sereno, si estendono grandi campi di verde intenso quasi pianeggianti e collinette tutte intorno, quasi a cerchio, tutto è calmo e sereno a parte il vento che ci fa stringere le spalle. Ma noi non guardiamo solo il panorama, noi lo leggiamo e scopriamo che è successo qualcosa di molto sconvolgente che ha creato tutto questo. Siamo infatti di fronte alla Caldera di Latera, ebbene si, proprio la caldera di un grosso vulcano che 220 mila anni fa è esploso sparando in aria circa 15 kmc di magma! La caldera, come una grossa pentola, ospitò anche un bacino lacustre e sul suo fondo si depositarono rocce sedimentarie chimiche ben conosciute e sfruttate: il travertino. Oggi la caldera camuffa molto bene il suo passato turbolento, ma non inganna gli studiosi, infatti si possono ancora osservare manifestazioni di emissioni fredde di anidride carbonica dal sottosuolo chiamate Mofete.
E per chi era ancora in dubbio, provare per credere: eccoci davanti ad una ripida parete di roccia, scavata in una collinetta, che si erge nel nostro piatto e tranquillo cammino all’interno della caldera: è una cava dismessa. Siamo curiosi e ci avviciniamo, la roccia è stranamente biancastra, da lontano poteva sembrare un travertino, ma non è così, siamo di fronte ad un piccolo vulcano di lava, che ha subito però una trasformazione particolare, prendiamo dei frammenti e ci accorgiamo che la roccia è bianca e particolarmente leggera. Per gli studiosi non ci sono misteri e scopriamo che questa roccia è lava fratturata che è stata attraversata da acque calde ed acide, fluidi idrotermali che hanno portato via gli elementi ferrosi, i più pesanti, che danno il colore scuro alla lava. Ma cosa hanno di tanto speciale da essere estratte? Il caolino, un minerale che proviene dall’alterazione del feldspato ed è molto usato nell’industria, ad esempio per aumentare la viscosità nei succhi di frutta, o per altri usi più nobili per la ceramica o nell’edilizia o come colorante nei dentifrici.
Lungo il nostro cammino dimentichiamo le rocce e una ricca fioritura cattura l’attenzione con gradevoli sorprese: Anemone Appenninica, Caprifoglio, Polmonaria che cambia colore dopo l’impollinazione, il maggio ciondolo, le bellissime querce con tappeti fioriti … insomma uno spettacolo che non si può trascurare!
Lo stomaco inizia a brontolare e in tanti reclamano una sosta, alcuni hanno già attinto al pranzo al sacco ed iniziano a sgranocchiare … calma, ancora un po’ ed ecco che arriviamo in un posto davvero bello e accogliente, un bell’agriturismo con un grande prato verde, un lavatoio appena ristrutturato che diventa subito un buon appoggio per le nostre schiene stanche, stop alle chiacchiere si aprono gli zaini, ci si sbraca, si divorano le provviste e si assale l’agriturismo in cerca di caffè e toilette. Ora che ci siamo rifocillati ben bene possiamo fare una bella foto di gruppo. Siamo di fronte al Lago di Mezzano, un lago di origine vulcanica che non ha immissari ma solo un emissario, ma c’è qualcosa che non torna. E’ un lago vulcanico, che non ha generato depositi. Cioè ha eruttato senza produrre nulla? Ebbene sì , infatti è stata un’eruzione freatica, cioè solo una grande esplosione di vapore! L’acqua è stata improvvisamente scaldata dal calore generato dal magma sottostante ma non è entrata in contatto con esso, quindi è “esploso” solo il vapore, come una pentola a pressione senza valvola di sfiato! Quello che i vulcanologi chiamano “maar”.
Dopo una bella foto di gruppo, torniamo quindi in cammino … ognuno di noi ormai si sente parte di tutto questo sconvolgimento vulcanico, che quasi si sente coinvolto … Mentre il nostro vulcanologo si accinge a spiegare nuovamente gli avvenimenti, si leva la voce di un veterano caino partecipe ed attento, il Sig. Nappini, che esplode in un tumulto entusiasta esclamando: “…l’esplosione generò in un attimo una rosa di detrito con fontane di lava tutto intorno che era una cosa spettacolare e meravigliosa!!” E una voce da lontano si domanda: “Perché c’eri??” Bruno, da uomo di scienza qual è, esordisce razionale: “…va beh che uno ha una certa età, però 100 mila anni iniziano ad esser tanti!!”
Così tra uno scherzo e l’altro arriviamo finalmente all’autobus, stanchi morti ci appisoliamo, ma non è finita qui è l’ora di scendere! Siamo a Bolsena! Uno stop merita farlo, infatti ci aspettano altre sorprese.
Un archeologo ci accoglie nella basilica di Santa Cristina e ci accompagnerà nella nostra visita a Bolsena. La basilica, tappa dei pellegrini sul percorso dell’antica via Francigena alla volta di Roma, ha addirittura tre facciate, è infatti formata da tre distinti nuclei sviluppatisi nel corso dei secoli intorno alla primitiva area catacombale sulla tomba di S. Cristina, patrona della città. Sull’edificio centrale si osserva lo stemma Mediceo (non manca un caino attento al riconoscimento delle “palle dei medici”!) ma la vera basilica è molto più antica, è infatti una chiesa romanica che aveva splendidi capitelli con rappresentate figure umane che purtroppo furono motivo di scandalo, tanto da ordinarne la completa distruzione! …Nel frattempo a sentir parlar di “palle” a qualcuno fa venire una strana associazione … “le palle del gelato” ovviamente! Cosa avete capito eh?! C’abbiamo una fame!
Ma le sorprese non finiscono e ci addentriamo nei vicoli di Bolsena, il piccolo borgo medievale è davvero un gioiello, sembra di tornare indietro nel tempo. Il dominio della signoria dei Monaldeschi ha lasciato ancora oggi segni evidenti; come ci fa osservare l’archeologo infatti da ogni viuzza si può osservare il castello, per noi bella vista, ma un tempo era per il dominio ed il controllo sulla città, un dominio non ben accettato, tanto che i loro stemmi, quei pochi che non furono distrutti, sono stati utilizzati nella costruzione delle case e messi rigorosamente rovesciati a testa in giù, in segno di disprezzo! Bolsena ci colpisce non soltanto per il suo borgo, caratteristico ed accogliente e per lo splendido panorama sul lago, ma anche per la sua storia e per la ricchezza di reperti archeologici di cui il lago è fonte inesauribile ed ancora oggi oggetto di ricerca e studio.
Ma il lago non è solo richiamo per vulcanologi e archeologi, ma anche per alcuni caini che hanno sentito forte il richiamo delle “palle del gelato” di fronte alla chiesa di Santa Cristina, che proveniva naturalmente dallo splendido lago, illuminato dal sole del crepuscolo … come biasimarli … però almeno non venite a raccontarci quanto era buono!
Rientriamo così in autobus per non sforare con gli orari, a malincuore lasciamo Bolsena e i vulcani laziali, la loro bellezza, la loro maestosità, la loro storia, il sole che tramonta sul lago, il sapore del gelato che non ho mangiato ed il profumo della pizza che qualcuno ancora rammenta … insomma ce ne andiamo ma con tanti buoni motivi per tornare!
Un grazie a coloro che hanno organizzato, spiegato, e a tutti coloro che hanno partecipato con interesse entusiasmo e simpatia.
– Chiara Odette Di Mauro
Foto di: Federico Bartolucci e Andrea Ghirardini