La gita si propone di ripercorrere alcune delle zone che furono teatro del 1° conflitto mondiale, nel primo centenario dallo scoppio della guerra, avvenuto nel 1914.
La gita ci fa visitare una delle molte zone del fronte della guerra in cui si fronteggiarono il Regio Esercito Italiano e l’esercito dell’Impero di Austria-Ungheria; la ferrata delle trincee costituisce la via d’accesso di una postazione avanzata austriaca che, a partire da Porta Vescovo, fronteggiava le linee italiane poste sul monte Padon e sulla costiera del Monte Serauta, dove si sviluppa la ferrata Eterna.
Sì, nel 1914 e non nel 1915, anno che segna l’entrata in guerra dell’Italia; quindi per molte popolazioni di lingua italiana, che a quel tempo facevano parte dell’impero austro-ungarico, la guerra iniziò nel 1914 e furono mandati a combattere nei Balcani ed in Polonia.
Costo della gita: 150 €
Numero minimo di partecipanti 15.
Direttori di gita: Sandro Vasarri, Renato Caneschi
Iscrizioni entro il 30 agosto accompagnate dal versamento della caparra di 100 €.
ALCUNI FATTI DELLA GUERRA
28 giugno 1914: l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria Ungheria, cade colpito a morte in un attentato a Sarajevo, per mano di un nazionalista serbo.
28 luglio 1914: l’Austria Ungheria dichiara guerra alla Serbia
1° agosto 1914: La Germania dichiara guerra alla Russia, alleata della Serbia
3 agosto 1914: la Germania dichiara guerra alla Francia. L’Italia, pur vincolata a Germania ed Impero Austro Ungarico dal trattato di triplice alleanza, si proclama neutrale
Mentre il conflitto mondiale si estende all’Inghilterra, al Montenegro, al Belgio, l’Italia resta neutrale fino al 3 maggio 1915, in cui denuncia il trattato di Triplice Alleanza ed al 23 maggio in cui inizia la guerra contro l’Austria Ungheria; nel mese successivo, il 23 giugno avverrà la prima battaglia dell’Isonzo con scarsi risultati da entrambe le parti. In questo fronte si sviluppò una guerra di trincea che durò per due anni, fino alla dodicesima battaglia dell’Isonzo, o battaglia di Caporetto, che iniziò alle ore 2:00 del 24 ottobre 1917, e che rappresenta la più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, tanto che, non solo nella lingua italiana, ancora oggi il termine Caporetto viene utilizzato come sinonimo di sconfitta disastrosa; tali accadimenti ispirarono ad Ernest Hemingway, ufficiale americano della sanità nelle file italiane, il capolavoro “Addio alle Armi”.
La vittoria dell’esercito austro-ungarico fu resa possibile da una parte dalla crisi della Russia seguita alla rivoluzione, che consenti ad Austria e Germania di trasferire consistenti truppe nel fronte italiano, dall’altra dal cambio di strategia militare che fu operato soprattutto dai reparti scelti tedeschi: mentre gli italiani, guidati dal generale Cadorna, ritenevano fondamentale l’occupazione delle alture, veloci reparti scelti germanici procedevano nelle valli aggirando le postazioni di difesa e tagliando i rifornimenti.
Questi stratagemmi consentirono di sfondare le linee italiane, duramente provate dalle precedenti battaglie ed impreparate ad una guerra difensiva ; gli italiani furono costretti a retrocedere e si attestarono lungo la linea del fiume Piave.
La sconfitta portò alla sostituzione del generale Luigi Cadorna, che aveva imputato l’esito infausto della battaglia alla viltà dei suoi soldati, con Armando Diaz. Cadorna finì poi ucciso mentre in treno si recava da Firenze a Bologna. Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e riuscirono a fermare le truppe austro-ungariche nella successiva prima battaglia del Piave, riuscendo a difendere ad oltranza la nuova linea difensiva.
Gli italiani rimasero sul Piave per un anno, fino al 24 ottobre 1918, quando sferrarono un’offensiva che portò allo sfondamento delle linee difensive austro-ungariche poste sulla riva est del Piave; tale offensiva fu favorita dallo sfaldamento dell’Impero Austro-Ungarico, ed in seguito portò alla importante vittoria di Vittorio Veneto ed all’armistizio di Villa Giusti.
Allo sfondamento delle linee austriache contribuì anche mio nonno, Santi Carloni, che con il corpo scelto dei bersaglieri attraversò tra i primi il Piave per sferrare l’attacco. Il suo capitano fu ferito e lui lo prese a cavalcioni, continuando l’attacco. I primi che si attestarono nella sponda opposta del Piave, lui compreso, furono decorati tutti con medaglia d’oro e nastro azzurro.
Che dire: concluderei ricordando una frase di Bertold Brecht: “Beato il paese che non ha bisogno di eroi” anche se invece gli eroi ci sono ancora e sono i magistrati che si oppongono alla mafia, ecc.
Mi preme anche rimarcare che molte popolazioni di lingua “italica”, cioè derivante dal latino, facevano parte dell’impero austro ungarico e ci stavano bene, in quanto veniva garantita libertà di lingua e religione, esattamente come si sta facendo ora in Europa. I moti nazionalisti che ci furono soprattutto nel trentino furono dovuti per lo più a studenti. Quindi per molti “italiani” la guerra iniziò nel 1914 e non nel 1915.
Acqua passata, ma non dimentichiamo i 10 milioni di morti provocati SOLO dal 1° conflitto mondiale.
Programma:
Sabato 20 settembre
Tappa: Arezzo – Passo Pordoi – giro nei dintorni
Tempi: 6 ore di viaggio + 1 ora di sosta,
gruppo A: 5 ore di cammino,
gruppo B: 1 ora di cammino
Dislivello di cammino in salita:
gruppo A: 700 metri
gruppo B: pochi metri
Difficoltà: E
Ore 5: partenza da Arezzo Piazza Guido Monaco,
ore 5,10: partenza da Arezzo Palasport Le Caselle
ore 11: arrivo al Passo Pordoi e sistemazione presso il centro CAI Bruno Crepaz, pranzo al sacco
Ore 13 : gruppo A: escursione al rifugio Maria lungo il sentiero dei cacciatori di camosci (5 ore di cammino tra andata e ritorno)
gruppo B: visita del sacrario militare al Passo Pordoi (1 ora di cammino tra andata e ritorno)
Domenica 21 settembre
Passo Pordoi – Porta Vescovo – Passo Padon – Passo di Fedaia
Tempi: gruppo A: 5 ore di cammino, 1 ora di sosta
Gruppo B: 4 ore di cammino, 1 ora di sosta
Dislivello: saliscendi tra i 2200 ed i 2500 metri di quota
Difficoltà: gruppo A: EEA
Gruppo B: E
Ore 7: partenza da Passo Pordoi
ore 9: si raggiunge il rifugio Viel del Pan dopo aver superato il Rifugio Fredarola
ore 11: si raggiunge assieme Porta Vescovo, poi il gruppo si divide:
gruppo A: alle 14 raggiunge in rifugio Padon dopo aver percorso la ferrata delle Trincee
gruppo B: alle 13 raggiuge il rifugio Padon dopo aver percorso un sentiero di balconata sul Lago Fedaia
ore 16: i due gruppi raggiungono il Passo Fedaia, dove attende il pulman. Rientro ad Arezzo in nottata
Il sentiero che corre lungo tutta la montagna, collegando il Passo Fedaia con il Passo Pordoi, veniva usato dai commercianti di farina del bellunese al fine di attraversare le valli tra l’Isarco l’Agordino più rapidamente, senza dover percorrere strade di fondo valle che era ricoperto da fitte foreste ed era ritenuto meno sicuro e più impervio. La farina, usata per fare il pane, rappresentava un ottimo prodotto di scambio e veniva barattata nelle valli ladine con, ad esempio, oggetti di artigianato. È proprio dalla funzione che aveva originariamente questo vialetto che il percorso e l’omonimo rifugio prendono il nome di “Viel dal Pan”.
Il merito della riscoperta di questo percorso, uno dei sentieri più facili e spettacolari delle Dolomiti, da dove si può godere una vista senza eguali della ”Regina delle Dolomiti”, la Marmolada, spetta al medico tedesco Karl Bindel, presidente della sezione “DOAV-CAI” di Bamberg, il quale lo percorse per primo alla fine del XIX secolo e ne curò personalmente la sistemazione. Il sentiero n° 601 è altresì noto, infatti, col nome di “Bindelweg”, ereditato dal proprio scopritore.
Descrizione:
Il sentiero che corre lungo tutta la montagna, collegando il Passo Fedaia con il Passo Pordoi, veniva usato dai commercianti di farina del bellunese al fine di attraversare le valli tra l’Isarco l’Agordino più rapidamente, senza dover percorrere strade di fondo valle che era ricoperto da fitte foreste ed era ritenuto meno sicuro e più impervio. La farina, usata per fare il pane, rappresentava un ottimo prodotto di scambio e veniva barattata nelle valli ladine con, ad esempio, oggetti di artigianato. È proprio dalla funzione che aveva originariamente questo vialetto che il percorso e l’omonimo rifugio prendono il nome di “Viel dal Pan”.
Il merito della riscoperta di questo percorso, uno dei sentieri più facili e spettacolari delle Dolomiti, da dove si può godere una vista senza eguali della ”Regina delle Dolomiti”, la Marmolada, spetta al medico tedesco Karl Bindel, presidente della sezione “DOAV-CAI” di Bamberg, il quale lo percorse per primo alla fine del XIX secolo e ne curò personalmente la sistemazione. Il sentiero n° 601 è altresì noto, infatti, col nome di “Bindelweg”, ereditato dal proprio scopritore.
SENTIERO VIEL DEL PAN
Il sentiero inizia al Passo Pordoi, presso la Casa Alpina (centro internazionale di alpinismo, medicina sportiva e convegni), segnaletica C.A.I. 601 (Alta Via) e conduce all’inizio alla Cappella. Tale edificio fu costruito in memoria delle guide alpine e dei maestri di sci travolti da una valanga staccatasi dal Sas Becè il 14 dicembre 1937, mentre si svolgeva un corso di aggiornamento diretto da Hans Steger.
Si prosegue tagliando i detriti alla base del Sas Becè, risalendo una ripida scarpata fino al rifugio omonimo (m.2423). Lasciando sulla sinistra il Teriòl de le Créste (it.9) si prosegue più comodamente a destra, tagliando in quota, con spettacolare veduta sul versante N della Marmolada, Lièch de Fedaia e Alta Val di Fassa. Si passa sotto il Còl de Cuch (m.2563) e si giunge al Rifugio Viel del Pàn (m.2432, privato); di qui si prosegue sotto le pendici del Sas Ciapel (m.2557) (letteralmente “Sasso Cappello”) fino ad arrivare allo sperone erboso del Belvedere (m.2648) dove il sentiero si biforca. Si prende a sinistra per salire a Porta Vescovo.
Qui i due gruppi si dividono:
Il gruppo A guadagna il Sas de Mezdì da dove ha inizio il percorso attrezzato che conduce al passo Padon attraverso un aereo percorso di cresta che attraversa il Monte Mesola.
Il gruppo B prosegue nel sentiero a balconata che resta in quota fino a che una breve salita lo riporta al passo Padon dove si consuma il pranzo al sacco o presso le strutture del Rifugio Padon.
I due gruppi riuniti scendono al Passo Fedaia dove attende il pulmann.
FERRATA DELLE TRINCEE (da www.vieferrate.it)
La parete rocciosa di origine vulcanica si presenta nerastra e contrasta con il classico colore delle Dolomiti anche se comunque molto compatta. Il primo tratto di circa 50mt si presenta verticale e gli appigli naturali presenti sono abbastanza levigati,vi si trova una placca iniziale ,successivamente un diedro sempre povero di appigli porta ad una nuova placca da superare in diagonale sfruttando le strette fessure della roccia mentre un breve e non faticoso traverso porta alla basa di una nuova placca leggermente inclinata che se asciutta offre ottima aderenza. Dopo circa 20′ dall’attacco si può dire di aver superato il tratto più impegnativo e si può prendere fiato lungo la prima insellatura superabile grazie ad alcune roccette in quota ed un bel ponte sospeso che porta alla base della Mesola -2727mt- mentre alcuni spuntoni rocciosi ed un ultimo passaggio delicato ,con gli appoggi artificiali un pò lontani dal cavo,portano al punto più alto dell’escursione – Cima Mesola. Si inizia a scendere sul lato nord della Mesola attraverso tratti attrezzati ed un ripido pendio erboso; la prima parte della ferrata termina in discesa dopo aver superato le ultime staffe metalliche -1.30h- e volendo si può concludere scendendo con sentiero verso sud incrociando l’Alta Via che sta proprio sotto di noi e che rappresenta comunque il nostro sentiero di ritorno. Fin qui l’appassionato di storia ha visto molto poco; è nella sua seconda parte che il percorso offre numerosi segni e testimonianze forti della Grande Guerra; il cammino per arrivare al rifugio Padon è ancora lungo -2.00h- e con alcuni tratti attrezzati esposti e altri scoscesi, da percorrere in “libera”: si valutino quindi bene le condizioni meteorologiche e le proprie forze, sia fisiche che mentali. Le indicazioni da seguire sono per “Bivacco Bontadini” e per “Gallerie-Tunnel”: si sale e in poco tempo si trova un primo gruppo di postazioni e di caverne-ricovero, poi una ripida e impegnativa discesa ci porta sull’altro versante della montagna ad ammirare le Dolomiti bellunesi, le Tofane, il Monte Pelmo e l’Antelao. Qui si cammina per un po’su un sentiero che taglia una verde scogliera erbosa: è un tratto molto rilassante e super panoramico, alla fine del quale si trova un “villaggio”, ricchissimo di costruzioni e di “finestre” osservatorio sul gruppo della Marmolada: una galleria che collega le varie postazioni indurrebbe a pensare di essere arrivati alle famose gallerie, ma il tunnel invece si esaurisce (20-30mt circa) e chi ha voluto visitare il complesso dovrà tornare in dietro e riprendere il sentiero, ora in cresta. Infatti poco dopo si trovano ancora indicazioni per le “Gallerie” e il Bivacco Bontadini, segnavia n.636. Il percorso rimane impegnativo, con alcuni tratti faticosi: per trovare la prima galleria bisognerà superare ancora tratti arcigni e, dove necessario, ben attrezzati. Superato il primo breve tunnel ci vorranno altri 20-30′ per raggiungere la galleria “principe”, lunga circa 300 metri: qui è assolutamente indispensabile la torcia elettrica per farsi luce e rimanere nel tunnel principale, ben segnato: numerose sono le gallerie collegate lateralmente a quella principale, tante le finestre sulla Marmolada; ottimamente conservate e commoventi le scale in pietra costruite dai soldati in guerra: le si percorrono e si ripetono le meditazioni che spesso ci afferrano su questi “percorsi di guerra”: quanto genio, quanta sofferenza; e quanta la stupidità e l’assurdità di tutti i conflitti. All’interno delle gallerie si trova anche una “sala” ove si è formato un bellissimo laghetto. Percorso il tunnel si sbuca al Bivacco Bontadini, area stupenda, ricca di manufatti militari e dotata di panche esterne, ideale per una sosta. Dal Bivacco si può salire in 10′ alla Cima della Mesolina -2642mt- oppure scendere direttamente al rifugio Padon -2407mt-, nei pressi degli impianti funiviari che salgono da Arabba e da Rocca Pietore: nei pressi dell’arrivo della funivia si trova anche un bel pezzo d’artiglieria (obice della Seconda Guerra Mondiale).