Ho avuto il piacere di accompagnare Walter Bonatti per un intera giornata quando anni fa è venuto ad Arezzo per tenere una conferenza presso il cinema Eden per la rassegna”Cinema e montagna”. Timido ma grandissimo signore della Montagna.
Ricordo la minuziosa preparazione della serata: la ricerca improvvisa di uno scatolone improvvisato che coprisse il proiettore da dove con una piccola pila a mano poteva verificare l’andamento della proiezione e leggere qualche appunto,,,, Una serata “artigianale”, con diapositive proiettate e poi un franco dibattito in cui si era concesso con tutta la sua passione anche alla domanda scontata sulla vicenda K2 (31.07.1954) che tanti anni prima lo aveva visto protagonista: ancora non aveva avuto la vittoria della riabilitazione dalle bugie che su di lui erano state dette dai conquistatori del K2, ma si sentiva la verità che colava dalle sue parole, lui che era stato tenuto alla larga dalla conquista italiana della vetta del K2 , giovane 23enne, ed era stato costretto, dopo aver salvato uno sherpa, a bivaccare sotto lo neve ad oltre 8000 metri, uscendone vivo per miracolo ! Una storia che contiene tutte le storie del nostro Paese: il pasticcio del K2, forse il primo mobbing in alta quota.
Lo avevo accompagnato in città , Duomo, San Francesco. Era rimasto estasiato davanti agli affreschi di Piero, facendo paragoni con la grandezza della perfetta composizione , di fatto contemporanea alla scoperta dell’America. “Vedi – mi disse – io ho girato il mondo , ho visto la grandiosità della natura ma mi son perso queste bellezze: non ho avuto tempo di guardarle nella frenesia dell’avventura”. Infatti Bonatti , dopo aver scritto pagine uniche sui graniti del Grandes Jorasses, Ande, Patagonia, prime salite sul gruppo del M.Bianco o sul Cervino ( l’incredibile solitaria ascesa invernale Nord del 1965 è il canto di addio al vero alpinismo ) è stato uno dei primi esploratori globale del pianeta, quando nel periodo 1967 – 1979 decise di raccontare per il grande settimanale “a colori” Epoca le avventure più solitarie nei templi della natura: Alto Orinoco, Sumatra, Rio delle Amazzoni, Capo Horn, Australia, Congo, Antartide, Patagonia.
Una ricerca ai confini dell’impossibile, organizzata metodicamente senza poter attingere a satelliti, gps o guide, quando cioè ancora molto era da scrivere. E con reportages fantastici a colori aveva descritto la creazione, prodotto sempre per Epoca due dischi con suoni degli animali che aveva registrato nelle foreste: immagini e suoni che ancora conservo nella mia biblioteca come una reliquia.
Di quel periodo di quei viaggi ai confinio dell’infinito non ha in realtà guadagnato nulla: tutto il guadagnato era stato reinvestito nei viaggi di esplorazione successivi . Per questo non aveva accumulato nemmeno una pensione di giornalista/pubblicista per cui viveva della compagnia della sua adorata Rossana Podestà, attrice di teatro degli anni 60-70 e di quel poco che accumulava nelle serate in giro per l’Italia.
Infine ricordo la sua grande curiosità: girando per la città di Arezzo continuamente mi rivolgeva domande. Rammento la sua mano che descriveva i contorni del muro etrusco sopra piazza grande, la sua mano nodosa e terribilmente forte quasi sproporzionata alla sua altezza.
I suoi occhi chiari come il cielo di un 8000 e la sua folta chioma bianca anzitempo ci saranno sempre compagni insieme alle sue parole: lui splendido scrittore autodidatta che con le sue descrizioni di salite, albe e tramonti ha contrassegnato la storia dell’esplorazione e dell’ Alpinismo Italiano nel mondo. Che la terra ti sia lieve, fratello Walter !!